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al testo di Marina Pacifici
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Nel fremito d’ali di rondini
torna l’abbraccio della memoria a vincer la tenebra di giorni, la condanna di solitudine. Rintoccava lieta all’antica torre l’ora il volo d’uno stormo l’anziana che dalla fiera con quieto passo per il viottolo faceva ritorno. E vedo le corse gioiose d’una bambina a tinger d’oro e d’azzurro l’agreste incanto dell’umbra mattina, il cuore placato nel ricordo dal nostalgico sussurro. L’ombra maestosa del Duomo di Sant’Emiliano la carezza del tuo sorriso per le marmoree scale d’antichi vicoli si procedeva sereni mano nella mano. Giochi d’ombra e luce, l’iridescente rosone l’incanto d’armonia del rinascimento il palpito d’ineffabile emozione. Lo stormire degli ulivi nel vento l’ondeggiare di vivide impressioni fra i colli di sole e d’argento. Dalla piana Santa Maria in Valle nel tocco meridiano d’argentea campana, ogni ansia pareva remota e lontana. L’allegro mio cappello di paglia fiorentina dal nastro scarlatto, lo sguardo d’una bimba al panorama dei colli e della dolce contrada entusiasta e stupefatto. Mi fermavo per i campi di tenue verde a cogliere violacciocche e papaveri, ed ancora l’anima nel buio degli anni in singulto emozionato ritrova la fiaccola della speme e in accorato sospiro di malinconia si perde. Allora, Padre mio nell’abbraccio del cuore eravamo insieme. All’ombra dei tuoi amorevoli occhi neri nella contrada di felici ed esuli ore su agresti, perduti, irraggiungibili sentieri. Alla memoria di mio padre Emilio. |
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